Monday, July 15, 2013

Paper of the week: Quanto è stabile il fotone?


In questo articolo, pubblicato su Physical Review Letters, viene discussa la stabilità del fotone, testando la possibilità che esso possa decadere. Per fare ciò chiaramente dovrebbe possedere una seppur piccola massa, il chè non è a priori vietato da alcuna legge fisica (a parte qualche piccolo "dettaglio" sulla rinormalizzabilità della teoria, che però può essere risolto).

Ma facciamo un po’ di chiarezza: innanzitutto ciò che potrebbe suonare strano è il concetto di massa del fotone, infatti tutti o quasi tutti sappiamo che il fotone è una particella priva di massa, tuttavia asserzioni di questo tipo in fisica vanno corroborate da risultati sperimentali.
Esistono dei limiti sperimentali alla massa del fotone che possono essere determinati in svariati modi.
Un fotone con una massa non nulla avrebbe degli effetti osservabili, per esempio la legge di Coulomb ne verrebbe modificata e il campo elettromagnetico avrebbe un ulteriore grado di libertà. Se la legge di Coulomb non fosse esattamente valida, allora potrebbe causare la presenza di un campo elettrico all'interno di un conduttore cavo sottoposto ad un campo elettrico esterno. In questo modo è quindi possibile testare la legge di Coulomb con altissima precisione [2]. Un risultato nullo di tale esperimento ha fissato un limite di \(m \lesssim 10^{-14} eV\) [3].


Altri limiti superiori stringenti sono stati ottenuti dai dati astrofisici, grazie ad esperimenti volti a rilevare possibili effetti causati dal potenziale vettore galattico che sono strettamente legati alla massa del fotone, anche se questo tipo di osservazioni soffrono di innumerevoli assunzioni teoriche di base. Il fatto che tali effetti non siano ancora stati osservati implicherebbe un limite superiore alla massa del fotone \(m < 3 × 10^{-27} eV\). [4] La cruciale presenza di un potenziale vettore galattico può inoltre anche essere sondato direttamente misurando la coppia esercitata su un anello magnetizzato [5]. Tali metodi sono stati utilizzati per ottenere il limite superiore di \(10^{-18}eV\).
Uno dei limiti più recenti e tra i più stringenti che sono stati posti è stato proposto in un recente lavoro ad opera del nostro Paolo Pani e collaboratori pubblicato su Physical Review Letters dal titolo “Black-Hole Bombs and Photon-Mass Bounds”. I calcoli in questo lavoro sono estremamente difficili, ma hanno permesso di escludere fotoni con massa superiore a \(4 \cdot 10^{-20}eV\) [6].

Dopo questa carrellata di limiti sulla massa del fotone, passiamo quindi ad esaminare come, in caso di massa non nulla, il fotone possa decadere. Un vincolo sul tempo di vita di un fotone deve passare necessariamente per un vincolo sulla sua massa, infatti nella QED un fotone senza massa è sicuramente stabile solo per ragioni cinematiche, in quanto non ci sono numeri quantici addizionali che vietino ad esso di decadere. Avendo presente quanto stringenti siano i limiti superiori sulla massa del fotone uno sarebbe comunque portato a pensare che non esistano possibilità di un decadimento dello stesso. Tuttavia potrebbe esistere una particella meno massiva del fotone stesso, per esempio il più "leggero" degli autostati di massa dei neutrini \(\nu_{1}\). Infatti dagli esperimenti di oscillazione di neutrino si è capaci di dedurre la differenza di massa al quadrato tra i diversi autostati di massa \((\Delta m^{2}_{ji} = m^{2}_{j} - m^{2}_{i}\,\, \mathrm{con}\,\, j \neq i \,\, \mathrm{e}\,\, j = 1,2,3)\), ma la scala assoluta rimane ancora incognita. Cinematicamente questo aprirebbe la possibilità  di un decadimento del tipo: \[\gamma \to \nu_{1} \nu_{1}\] se \(m_{1}<m/2\). Questo è un processo a loop particolarmente soppresso nel Modello Standard (MS) e sebbene per il momento non ci sia alcuna evidenza di questo genere di decadimento, questo non scoraggia i fisici a continuare a cercare una prova di tale processo, anche perché il rate di decadimento potrebbe essere incrementato dalla presenza di nuove particelle, rappresentando così un ottimo indizio di fisica oltre il Modello Standard.

Quale è il laboratorio perfetto per effettuare la misura del tempo di vita del fotone? 

Si tratta niente di meno che dei fotoni più "antichi" dell'universo, che costituiscono la radiazione cosmica di fondo (CMB). Lo spettro CMB assomiglia parecchio ad un corpo nero perfetto, il che implica che pochi, se non nessuno, dei fotoni del CMB siano decaduti nel loro viaggio di circa 13 miliardi di anni. 

Vincoli sulla massa del fotone (m) e sul suo tempo di vita \((\tau_{\gamma})\) ricavato dallo spettro CMB.
Per ora è possibile soltanto escludere certi valori dei tempi di vita, dal momento che nessun decadimento è stato osservato. Il limite sulla massa del fotone che è possibile estrarre dal grafico non è competitivo con quelli citati prima \(m \lesssim 3 \cdot 10^{-6} eV\), ma permette di mettere l'unico limite esistente sul tempo di vita: \[\tau_{\gamma} > 2 \cdot 10^{-10}(\frac{m}{10^{-18}eV}) t_{0}\] con una confidenza al \(95\%\).
Questo corrisponderebbe a un limite inferiore sul tempo di vita del fotone di circa 3 anni, nel sistema di riferimento in cui il fotone è a riposo. Questa quantità potrebbe sembrare irrisoria, ma bisogna ricordarsi che i fotoni in questione, visto l'ordine di grandezza delle masse di cui stiamo parlando, sono particelle estremamente relativistiche. Quando infatti la dilatazione degli intervalli di tempo viene presa in considerazione, un fotone con lunghezza d'onda visibile nel nostro sistema di riferimento sarebbe stabile per \(10^{18}\) anni o più. 

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